Si dice che tra le cause scatenanti dell’ultima Guerra del Golfo ci sia stata anche la manifestata volontà di Saddam di quotare il proprio petrolio in Euro. Non sappiamo come sarebbero andate le cose senza la caduta del regime iracheno, ma senza dubbio sappiamo che il collegamento naturale e diretto tra l’oro nero e la valuta verde resta uno dei volani del potere e degli equilibri mondiali tra i più potenti di sempre. Forse anche di più della stessa deterrenza atomica.

Il Dollaro domina oggi la composizione mondiale delle riserve valutarie globali con il 58,36% delle allocazioni. Una indiscutibile posizione di dominanza valutaria che, però, se confrontata ai valori di inizio millennio di oltre il 70% deve farci pensare e non poco. Vero è che nel frattempo è arrivato l’Euro, oggi al secondo posto al 20,47% delle allocazioni mondiali, ma le manovre degli ultimi tempi della Cina devono ulteriormente farci riflettere. 

Al di là di Taiwan e del prospettato ruolo diplomatico e distensivo nella crisi tra Russia e Ucraina, la Cina sta muovendo sorniona le proprie carte sui mercati valutari, anche e soprattutto in forza della reazione Occidentale alla guerra ancora in corso. La sostituzione del Dollaro con lo Yuan quale valuta più usata nelle transazioni commerciali in Russia, l’apertura di una linea “swap” con la banca centrale d’Argentina, la compravendita di GNL con la Francia, la crisi debitoria del Montenegro, etc. sono elementi – distanti tra loro, ma correlati nell’obiettivo finale – di una strategia molto più complessa per la creazione di un proprio spazio di influenza economica – dunque politica – sullo scacchiere internazionale.

Nel complesso è difficile affermare che sia in atto una guerra valutaria finalizzata alla de-dollarizzazione del mondo, lo dicono i numeri, almeno per ora. Ma altrettanto certo è che le strategie cinesi tengono da tempo conto della posizione di dominanza del Dollaro e delle ricadute in termini di potere politico. In tal senso scrive ne “L’arco dell’Impero” (Leg edizioni) il Maggior Generale QiaoLiang: “…gli americani […] divisero la Terra in due parti: da una parte c’erano gli Stati Uniti, il cui vantaggio stava nel produrre dollari, e dall’altra il resto del mondo.”. Un libro che noi Occidentali dovremmo leggere con grande attenzione per capire chi realmente abbiamo – e avremo – davanti. 

In tutto questo oggi l’Europa occupa una posizione pericolosa ed allo stesso tempo dirimente per il proprio futuro. La storica dipendenza dall’America potrebbe venire meno nel tempo e scivolare verso la Cina per via delle scelte di transizione ecologica ed energetica in atto. La sfida Green è infatti guidata non tanto dal potere economico contabilizzato in Dollari, bensì piuttosto da quello tecnologico. Se l’economia del petrolio è in realtà allo stesso tempo causa ed effetto del biglietto verde, quella Green pone tecnologie e relative commodity alla base del potere odierno. In questo la Cina è molto più avanti di USA ed Europa e colmare questo divario non è affatto semplice.

Ecco come questa ultima variabile può trasformarsi nel pivot fondamentale della sfida valutaria al Dollaro e porre la Cina al centro dello scacchiere. La creazione di un proprio spazio di influenza economica può essere naturalmente supportato e finanche rafforzatodall’oligopolio green in mani cinesi. L’accrescimento della dipendenza dalla Cina – e quindi dallo Yuan – pone all’attenzione degli interessati un non banale dilemma in termini di libertà. Quella libertà che, nel bene e nel male, in tutti questi anni il Dollaro ha comunque contribuito a garantire più del Partito Comunista Cinese.

Stefano Aggravi

Membro del Comitato scientifico

Consigliere regionale della Valle D’Aosta

*Fonti dei dati utilizzati: Fondo Monetario Internazionale, Banca dei Regolamenti Internazionali, Il Sole 24 Ore.

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