Di seguito l’intervista del quotidiano Libero ad Alessandro Bertoldi, Direttore esecutivo dell’Istituto ispirato al Premio Nobel americano Milton Friedman
Partiamo dal tema dell’economia. In Italia, la crescita economica è in lenta ripresa, ma sembra ancora stagnante. Quali sono, secondo lei, le principali riforme che il nostro paese dovrebbe adottare per rilanciare l’economia?
In Italia abbiamo un problema cronico di crescita economica, dovuto a una serie di fattori che includono la burocrazia, un sistema fiscale troppo complesso e un mercato del lavoro rigido. Le riforme che considero fondamentali sono una drastica semplificazione della burocrazia, con l’eliminazione di leggi e regolamenti obsoleti che soffocano l’iniziativa imprenditoriale, e una riforma fiscale che preveda una riduzione delle tasse, possibilmente la flat tax inventata da Milton Friedman e prevista dal programma del centrodestra di governo. Inoltre, è necessario intervenire sul mercato del lavoro per renderlo più flessibile, ad esempio, incentivando la contrattazione aziendale e riducendo il cuneo fiscale. Tutti questi cambiamenti potrebbero dare una spinta significativa alla crescita, ma ci vorrebbe un effetto shock per un rilancio importante, attraverso misure radicali.
Lei parla spesso di libertà economica e personale. Come può l’Italia migliorare in questi ambiti, e quali ostacoli vede all’orizzonte?
La libertà economica è spesso il presupposto per la libertà personale, sono i pilastri fondamentali della visione dell’Istituto Friedman. La libertà é la nostra missione esistenziale. L’Italia, purtroppo, ha ancora molta strada da fare in questo senso. Un miglioramento significativo richiederebbe la riduzione dell’interventismo statale nell’economia, le privatizzazioni degli assets pubblici, una maggiore apertura al mercato libero e alla concorrenza, e una difesa strenua dei diritti individuali, inclusi quelli civili, di proprietà e d’impresa. Sui gay ad esempio il centrodestra italiano non riesce ad essere contemporaneo, non riesce a comprendere fino in fondo che lo Stato non dovrebbe dare giudizi morali sulla vita dei suoi cittadini, ma trattarli tutti allo stesso modo, perché nasciamo liberi. Gli ostacoli maggiori sono rappresentati da una mentalità statalista diffusa e da una classe politica spesso più interessata alla conservazione del consenso che all’implementazione di riforme coraggiose, anche nel centrodestra che sarebbe più affine a questi nostri valori. Dall’altra c’è una sinistra che è tornata al passato promuovendo l’odio, l’invidia sociale, il giustizialismo manettaro e che tace quando a violare i diritti sono i loro compagni. È essenziale anche un cambiamento culturale, che promuova l’importanza delle libertà in tutti i campi, dell’iniziativa privata e del merito.
Quindi citando Friedman: meno Stato uguale più libertà?
Certo, sempre. Il socialismo, nelle sue varie forme, rappresenta ancora un pericolo perché tende a centralizzare il potere e a limitare la libertà individuale, promuovendo un’economia pianificata che storicamente si è dimostrata inefficiente e oppressiva. Il socialismo, anche nelle sue versioni più moderate, implica un’ingerenza eccessiva dello Stato nelle vite delle persone e nelle dinamiche di mercato, soffocando l’innovazione e riducendo le opportunità. L’alternativa che propongo è un sistema basato sul libero mercato, sul rispetto della proprietà privata e sulla riduzione del ruolo dello Stato al minimo, così come lo sta cercando di concretizzare Javier Milei in Argentina. È il mercato, con la sua capacità di autoregolarsi e adattarsi, che può garantire prosperità e libertà alle persone.
Ci sono dei casi concreti di applicazioni attuali del socialismo o del comunismo che vuole citare?
Quello che sta accadendo in Venezuela, a Cuba, in Nicaragua e in altri Paesi sofferenti, dimostra quanto l’ideologia socialista sia ancora nociva e quanto la minaccia comunista si ancora un pericolo universale. Gli arresti degli oppositori, come il caso del nostro amico Williams Dávila a Caracas, e l’oppressione del dissenso e del popolo sono all’ordine del giorno. In Europa poi c’è anche chi pensa che controllare le opinioni sia un metodo efficace per tutelarci dai pericoli peggiori, é la classica pezza peggio del buco. Non si difende la democrazia attaccando chi non la pensa come noi, vedi i casi Musk e Durov, perché si finisce per affossarla. Musk e Durov oggi sono degli eroi libertari che tutelano la privacy e la libertà d’espressione di miliardi di persone. Non si confiscano i beni dei privati, come facevano in URSS, soltanto per punire qualcuno per i suoi presunti rapporti, come accaduto nei casi degli imprenditori russi Abramovich, Usmanov, Fridman ed altri, i quali è stato provato che nulla abbiano a che vedere con l’invasione dell’Ucraina e la guerra in generale. Ora si parla di sanzioni Ue anche nei confronti di “soggetti” israeliani, siamo al paradosso, sanzioniamo i nostri avversari, ma anche i nostri alleati e chi combatte una guerra di difesa per tutti noi. Queste cose le fanno i regimi schizofrenici, non dovrebbe farle l’Europa.
In questi giorni si parla molto di geopolitica e delle sfide che l’Occidente sta affrontando. Qual è la sua opinione sulla situazione attuale e quali dovrebbero essere, secondo lei, le priorità dell’Italia?
La situazione geopolitica attuale è estremamente complessa, con tensioni crescenti tra Occidente e paesi come la Cina e la Russia. L’Italia, insieme all’Europa, deve rafforzare la propria posizione a guida del blocco occidentale e difendere i valori di democrazia, libertà e stato di diritto. Questo implica anche investire in difesa e sicurezza, sviluppare una politica energetica che riduca la dipendenza da paesi non democratici, e promuovere la diversificazione delle relazioni commerciali. È fondamentale che l’Italia giochi un ruolo attivo in queste dinamiche, sia a livello europeo che internazionale, difendendo i propri interessi e quelli dell’Occidente, ma anche giocando il suo tradizionale ruolo di mediatore. Su questo Meloni e Tajani stanno lavorando bene e ci hanno restituito autorevolezza. Anche in Africa possiamo diventare un punto di riferimento e una garanzia di stabilità per molti.
L’Istituto Friedman, che lei dirige, ha acquisito sempre maggior autorevolezza negli ultimi anni ed è impegnato nella promozione del liberalismo e del liberismo. Quali sono i progetti e le iniziative su cui state lavorando?
Lavoriamo per promuovere i principi del liberalismo economico e la libertà individuale in 33 Paesi al mondo. Tra le nostre iniziative principali, ci sono campagne di sensibilizzazione e formazione, rivolte sia ai cittadini che ai decisori politici, per evidenziare i benefici del libero mercato. Organizziamo conferenze, dibattiti e pubblichiamo rapporti su temi economici e sociali, puntiamo sui giovani e su una nuova classe dirigente. Recentemente, ci stiamo concentrando molto anche sulle relazioni internazionali, dando supporto all’opposizione in Venezuela, confermando il nostro energico sostegno a Israele e dialogando con i Paesi arabi più attivi nel contrasto del terrorismo e dell’islamismo radicale. L’islamismo è il totalitarismo dei nostri tempi. Non dobbiamo mai dare per scontato i diritti e le libertà che abbiamo, ma anzi, dobbiamo impegnarci per estenderli e rafforzarli, non solo per noi stessi, ma anche per le generazioni future. Mi appello a chi la pensa come noi, in politica e nella società civile: abbiate più coraggio e mettevi in gioco.Partiamo dal tema dell’economia. In Italia, la crescita economica è in lenta ripresa, ma sembra ancora stagnante. Quali sono, secondo lei, le principali riforme che il nostro paese dovrebbe adottare per rilanciare l’economia?
In Italia abbiamo un problema cronico di crescita economica, dovuto a una serie di fattori che includono la burocrazia, un sistema fiscale troppo complesso e un mercato del lavoro rigido. Le riforme che considero fondamentali sono una drastica semplificazione della burocrazia, con l’eliminazione di leggi e regolamenti obsoleti che soffocano l’iniziativa imprenditoriale, e una riforma fiscale che preveda una riduzione delle tasse, possibilmente la flat tax inventata da Milton Friedman e prevista dal programma del centrodestra di governo. Inoltre, è necessario intervenire sul mercato del lavoro per renderlo più flessibile, ad esempio, incentivando la contrattazione aziendale e riducendo il cuneo fiscale. Tutti questi cambiamenti potrebbero dare una spinta significativa alla crescita, ma ci vorrebbe un effetto shock per un rilancio importante, attraverso misure radicali.
Lei parla spesso di libertà economica e personale. Come può l’Italia migliorare in questi ambiti, e quali ostacoli vede all’orizzonte?
La libertà economica è spesso il presupposto per la libertà personale, sono i pilastri fondamentali della visione dell’Istituto Friedman. La libertà é la nostra missione esistenziale. L’Italia, purtroppo, ha ancora molta strada da fare in questo senso. Un miglioramento significativo richiederebbe la riduzione dell’interventismo statale nell’economia, le privatizzazioni degli assets pubblici, una maggiore apertura al mercato libero e alla concorrenza, e una difesa strenua dei diritti individuali, inclusi quelli civili, di proprietà e d’impresa. Sui gay ad esempio il centrodestra italiano non riesce ad essere contemporaneo, non riesce a comprendere fino in fondo che lo Stato non dovrebbe dare giudizi morali sulla vita dei suoi cittadini, ma trattarli tutti allo stesso modo, perché nasciamo liberi. Gli ostacoli maggiori sono rappresentati da una mentalità statalista diffusa e da una classe politica spesso più interessata alla conservazione del consenso che all’implementazione di riforme coraggiose, anche nel centrodestra che sarebbe più affine a questi nostri valori. Dall’altra c’è una sinistra che è tornata al passato promuovendo l’odio, l’invidia sociale, il giustizialismo manettaro e che tace quando a violare i diritti sono i loro compagni. È essenziale anche un cambiamento culturale, che promuova l’importanza delle libertà in tutti i campi, dell’iniziativa privata e del merito.
Quindi citando Friedman: meno Stato uguale più libertà?
Certo, sempre. Il socialismo, nelle sue varie forme, rappresenta ancora un pericolo perché tende a centralizzare il potere e a limitare la libertà individuale, promuovendo un’economia pianificata che storicamente si è dimostrata inefficiente e oppressiva. Il socialismo, anche nelle sue versioni più moderate, implica un’ingerenza eccessiva dello Stato nelle vite delle persone e nelle dinamiche di mercato, soffocando l’innovazione e riducendo le opportunità. L’alternativa che propongo è un sistema basato sul libero mercato, sul rispetto della proprietà privata e sulla riduzione del ruolo dello Stato al minimo, così come lo sta cercando di concretizzare Javier Milei in Argentina. È il mercato, con la sua capacità di autoregolarsi e adattarsi, che può garantire prosperità e libertà alle persone.
Ci sono dei casi concreti di applicazioni attuali del socialismo o del comunismo che vuole citare?
Quello che sta accadendo in Venezuela, a Cuba, in Nicaragua e in altri Paesi sofferenti, dimostra quanto l’ideologia socialista sia ancora nociva e quanto la minaccia comunista si ancora un pericolo universale. Gli arresti degli oppositori, come il caso del nostro amico Williams Dávila a Caracas, e l’oppressione del dissenso e del popolo sono all’ordine del giorno. In Europa poi c’è anche chi pensa che controllare le opinioni sia un metodo efficace per tutelarci dai pericoli peggiori, é la classica pezza peggio del buco. Non si difende la democrazia attaccando chi non la pensa come noi, vedi i casi Musk e Durov, perché si finisce per affossarla. Musk e Durov oggi sono degli eroi libertari che tutelano la privacy e la libertà d’espressione di miliardi di persone. Non si confiscano i beni dei privati, come facevano in URSS, soltanto per punire qualcuno per i suoi presunti rapporti, come accaduto nei casi degli imprenditori russi Abramovich, Usmanov, Fridman ed altri, i quali è stato provato che nulla abbiano a che vedere con l’invasione dell’Ucraina e la guerra in generale. Ora si parla di sanzioni Ue anche nei confronti di “soggetti” israeliani, siamo al paradosso, sanzioniamo i nostri avversari, ma anche i nostri alleati e chi combatte una guerra di difesa per tutti noi. Queste cose le fanno i regimi schizofrenici, non dovrebbe farle l’Europa.
In questi giorni si parla molto di geopolitica e delle sfide che l’Occidente sta affrontando. Qual è la sua opinione sulla situazione attuale e quali dovrebbero essere, secondo lei, le priorità dell’Italia?
La situazione geopolitica attuale è estremamente complessa, con tensioni crescenti tra Occidente e paesi come la Cina e la Russia. L’Italia, insieme all’Europa, deve rafforzare la propria posizione a guida del blocco occidentale e difendere i valori di democrazia, libertà e stato di diritto. Questo implica anche investire in difesa e sicurezza, sviluppare una politica energetica che riduca la dipendenza da paesi non democratici, e promuovere la diversificazione delle relazioni commerciali. È fondamentale che l’Italia giochi un ruolo attivo in queste dinamiche, sia a livello europeo che internazionale, difendendo i propri interessi e quelli dell’Occidente, ma anche giocando il suo tradizionale ruolo di mediatore. Su questo Meloni e Tajani stanno lavorando bene e ci hanno restituito autorevolezza. Anche in Africa possiamo diventare un punto di riferimento e una garanzia di stabilità per molti.
L’Istituto Friedman, che lei dirige, ha acquisito sempre maggior autorevolezza negli ultimi anni ed è impegnato nella promozione del liberalismo e del liberismo. Quali sono i progetti e le iniziative su cui state lavorando?
Lavoriamo per promuovere i principi del liberalismo economico e la libertà individuale in 33 Paesi al mondo. Tra le nostre iniziative principali, ci sono campagne di sensibilizzazione e formazione, rivolte sia ai cittadini che ai decisori politici, per evidenziare i benefici del libero mercato. Organizziamo conferenze, dibattiti e pubblichiamo rapporti su temi economici e sociali, puntiamo sui giovani e su una nuova classe dirigente. Recentemente, ci stiamo concentrando molto anche sulle relazioni internazionali, dando supporto all’opposizione in Venezuela, confermando il nostro energico sostegno a Israele e dialogando con i Paesi arabi più attivi nel contrasto del terrorismo e dell’islamismo radicale. L’islamismo è il totalitarismo dei nostri tempi. Non dobbiamo mai dare per scontato i diritti e le libertà che abbiamo, ma anzi, dobbiamo impegnarci per estenderli e rafforzarli, non solo per noi stessi, ma anche per le generazioni future. Mi appello a chi la pensa come noi, in politica e nella società civile: abbiate più coraggio e mettevi in gioco.