Alessandro Bertoldi

Milton Friedman diceva che “Le soluzioni che trovano i Governi creano spesso più problemi di quanti ne risolvano”, difatti, non potrebbe esserci affermazione più adatta per descrivere le politiche economiche dell’attuale Governo italiano.
Mentre è in corso una trattativa con l’Unione europea per evitare la procedura d’infrazione comunitaria rispetto al deficit, il Parlamento è al lavoro sulla Legge di bilanci e nel Paese iniziano ad intravedersi all’orizzonte gli effetti del famigerato “Decreto dignità” attraverso le prime stime, tra l’altro prudenziali, sulle conseguenze, in particolare nel mercato del lavoro sin dall’avvio del nuovo anno i danni saranno ingenti. Il Ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio pare essere convinto che questo Decreto restituirà dignità agli Italiani, ma gli unici dati snocciolati dalle Associazioni delle categorie produttive e dai sindacati dimostrano l’esatto contrario. Una parte di lavoratori assunti a termine viene ogni anno assunta a tempo indeterminato da quelle aziende che possono permettersi questo tipo d’investimento e succederà anche nel 2019 per circa un lavoratore su 3, ma l’unico risultato certo è drammatico è che chi precedentemente avrebbe potuto vedersi rinnovato il contratto, seppur a termine, magari per un altro anno, grazie al Decreto non potrà farlo e resterà a casa. Infatti gli unici dati, quelli diffusi da Federmeccanica e da Assolavoro, dipingono uno scenario che è tutto meno che dignitoso per i lavoratori italiani. Secondo Federmeccanica il 30% delle imprese industriali del settore metalmeccanico non riassumerà i lavoratori a termine i cui contratti scadranno il 31 dicembre prossimo. Sono infatti quei lavoratori a tempo determinato che in passato potevano ottenere fino a 5 rinnovi per un periodo complessivo di 3 anni, ma che oggi grazie alle nuove disposizioni del Governo potranno avere un massimo di 4 rinnovi per un periodo totale di 2 anni.
Un pronostico inquietante, come quello di Assolavoro che parla di 53 mila lavoratori che non potranno essere riavviati al lavoro grazie al limite imposto per i contratti a tempo determinato di 24 mesi in tutto. Noi, come le aziende e probabilmente gli stessi lavoratori, crediamo sia più dignitoso lavorare anche se a scadenza, piuttosto che lavorare solo se a tempo indeterminato e stare a casa finché non si trova il cosiddetto posto fisso. Come non bastasse, quanti speravano che il Governo intervenisse sul bollo auto, eliminando o quantomeno riducendo una delle più odiate imposte del nostro sistema tributario, resteranno basiti nell’apprendere che, invece, accadrà il contrario e la tassazione ora raddoppia. Non solo il bollo, ma anche un nuova nuova tassa per una durata di 3 anni (rinnovabili) che andrà da 150 euro a un massimo di 3.000 euro all’anno per veicolo e colpirà circa un milione di auto. La nuova misura, appena inserita nella Finanziaria in via di approvazione, servirà a coprire il costo dei bonus sulle auto elettriche. Di fatto per 3 anni avremo un doppio bollo auto e tutto questo servirà a finanziare sconti fino a 6.000€ per chi acquisterà auto 100% elettriche. I pochissimi fortunati che potranno permettersi di acquistarle ai prezzi attuali fanno certamente un’opera utile per l’ambiente, da incentivare, ma non lo si può fare a discapito della quasi totalità degli italiani che posseggono auto Diesel o benzina. Oggi infatti le elettriche sono solo lo 0,4% delle auto esistenti in Italia. Questa non si può che definire una mossa ambientalista e scioccamente elitaria a danno della maggioranza dei cittadini, delle aziende e dei lavoratori del settore automobilistico, oltre il limite della decenza. Grazie a questo Governo pertanto le tasse aumentano, decine di migliaia di lavoratori perdono il posto, le imprese e l’intera economia rischia una crisi profonda, anche a causa della sfiducia dei mercati globali che non possono che ritenerci inaffidabili come Paese, grazie a queste politiche contro il libero mercato e infine nel 2019 si rischia la recessione. Non possiamo che ringraziare l’attuale maggioranza politica per questa “decrescita felice” perché sta generando una grande unità sociale tra lavoratori, imprese, sindacati associazioni di categoria: l’Italia che produce e vuole sviluppo non si ferma! L’Istituto Friedman resta al fianco di questa Italia, quella per la crescita economica, che si è riunita a Torino lunedì scorso per gridare al Paese sì alle infrastrutture, per chiedere meno tasse e meno burocrazia. Siamo ancora una volta a chiedere al Governo di correggere queste misure, sbagliate e contro i mercati in Manovra Finanziaria, seppur ormai senza grosse aspettative.

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