La notizia della settimana in Italia è la messa al bando delle auto a diesel Euro 3 ed Euro 4. Il provvedimento in questione è entrato in vigore il 1° ottobre ed è stato prodotto congiuntamente dalle quattro regioni più dinamiche del paese: Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte e Lombardia, con il supporto del Ministero dell’Ambiente.
Ogni regione ha leggermente modificato il proprio regolamento, ma di base l’effetto è quello di togliere dalla circolazione tutti i veicoli diesel fino alla categoria Euro 3 (l’Emilia-Romagna si spinge fino agli Euro 4) nei giorni feriali dalle 8 del mattino fino alle 19 di sera* (in Piemonte per gli Euro 3 il divieto è valido dal primo ottobre fino al 31 di marzo). Ovviamente ogni regione ha già detto che ci saranno delle eccezioni, alcune riguardano la professione (medici, arbitri, atleti), altre l’età (over 70), il reddito ISEE, dimensioni del comune, ecc, ma il fatto principale rimane: Un milione e centomila macchine dalla mattina alla sera sono state rese inutilizzabili.
Centinaia di migliaia di famiglie e aziende hanno visto il loro patrimonio netto subire una botta non da poco (il valore medio di questi veicoli è di qualche migliaia di euro), e non solo, spesso questi veicoli vengono usati per lavorare, direttamente come nelle aziende nel settore dei trasporti o come mezzo di trasporto per arrivare al luogo di lavoro, quindi l’impatto è ancora maggiore poiché qualsiasi alternativa comporterà costi aggiuntivi e disagi.
Fatte queste considerazioni perché decidere di fare una cosa del genere? Bene, la ratio sarebbe il ridurre le emissioni di gas inquinanti (NOx, NH3, SO2…) ma, come da Economics 101, i soggetti economici dovrebbero valutare l’impatto di queste manovre, e dovrebbero attuarle solo in caso di essere certi del fatto che i benefici superino nettamente i costi, concetto ribadito di recente dai due economisti appena vincitori del Premio Nobel: Paul Romer e William Nordhaus.
Il bando al diesel di oggi non può non ricordarci quando nel 1998 in risposta alla conferenza di Kyoto l’Unione Europea con il comunicato IP/98/734 diede il via a una serie di iniziative mirate a sostituire le auto a benzina con quelle a… DIESEL!. Poiché le auto a diesel a parità di prestazione emettevano meno CO2 nell’aria di quelle a benzina dovevano essere preferite, quindi fino a qualche anno fa i governi europei suggerivano e incoraggiavano l’acquisto di macchine a diesel, iniziativa sulla quale hanno investito miliardi di euro dei contribuenti e tanta credibilità. Quali sono stati i risultati? Miliardi di sprechi poiché dopo aver incentivato ad abbandonare la benzina in favore del diesel ora i tavoli si sono ribaltati e credibilità a zero.
Vale la pena ricordare che il principale problema delle auto a diesel è la produzione di NOx, gas che contribuiscono alla formazione di smog e piogge acide, l’Italia negli ultimi 15 anni ha più che dimezzato le emissioni di suddetti gas, con le emissioni prodotte dai veicoli stradali che sono passate da 1,046Gg nel 1992 a 371Gg nel 2016, trend che si ripete in tutti gli altri indicatori per quanto riguarda il nostro paese.
Forse sarebbe meglio se lo Stato si limitasse a favorire passivamente il rinnovo del parco automobili e imparare dagli errori del passato, queste manovre shock rischiano di peggiorare il già fragile equilibrio economico del paese e non è detto che producano gli effetti attesi, poiché lo smaltimento delle vecchie macchine potrebbe richiedere uno sforzo economico e ambientale abbastanza grosso da cancellare i benefici.